Il microbiota umano è il nostro grande alleato di fronte all’esposizione ambientale: rappresenta il punto di contatto tra l’essere umano e l’ambiente in cui vive.
Il microbiota intestinale ci offre risorse importanti contro l’esposizione ambientale, essendo capace di biotrasformare i composti chimici. Ad esempio, i batteri lattici sono in grado di deconiugare i sali biliari e di ridurre l’assorbimento di sostanze tossiche come l’ammoniaca, i prodotti amminici e l’indolo.
Il microbiota ha la capacità di legarsi e neutralizzare oltre il 70% delle ammine eterocicliche che si formano quando gli alimenti proteici vengono sottoposti a temperature eccessive. Inoltre, può degradare le nitrosammine potenzialmente cancerogene che si formano nell’intestino in seguito alla reazione tra nitrati e nitriti (usati come conservanti negli alimenti stagionati) e le ammine secondarie.
Il microbiota intestinale umano interagisce con i xenobiotici, inclusi i contaminanti organici persistenti e i prodotti chimici presenti negli alimenti. Tuttavia, l’esposizione cronica a più xenobiotici può modificare in maniera qualitativa e/o quantitativa l’ecosistema intestinale.
La perdita delle funzioni di un microbiota eubiotico comporta, tra le altre cose, una riduzione della capacità di detossificazione dell’intestino e del suo microbiota, aumentando così la vulnerabilità all’esposizione ai xenobiotici.
Inoltre, una continua esposizione, anche a basse dosi, col tempo compromette lo stato nutrizionale, causando una deplezione dei nutrienti che agiscono come fattori e cofattori nei processi di detossificazione. Questo porta a una progressiva diminuzione della capacità detossificante e a un graduale aumento del carico corporeo totale, che, una volta raggiunto un livello critico, può innescare l’insorgenza di malattie (il cosiddetto “effetto trabocco del barile”).
Credit:
Mar Alonso Moreno
Naturopata (esperto in metodi Biologico-Naturisti)
Specialista in Biofisica Quantistica
Medicina Ambientale.
